Un Anno Fa…Il ciclismo italiano è in crisi? La risposta di Davide Cassani

Con la chiusura del Giro d’Italia 2020 per la prima volta della storia non c’è stato neanche un italiano nei primi cinque. Vincenzo Nibali, il migliore, è arrivato settimo, e con l’anagrafe che ineluttabilmente è contro lo Squalo dello Stretto il nostro paese vede grigio. In una corsa in cui sono emersi i giovani si è visto anche colui che molti considerano il nuovo faro del movimento, ovvero Filippo Ganna, ma sembra ancora mancare colui che può raccogliere l’ingombrante eredità del siciliano. Un po’ come quindici anni fa si cercava il nuovo Pantani, ora si cerca il nuovo Nibali, che quasi da solo ha sorretto in questi anni il peso del nostro movimento nelle grandi corse a tappe. C’era Fabio Aru, ma dopo alcune stagioni ad altissimo livello, il sardo non ritrova più la gamba (né forse la testa) e ci si chiede se possa rivaleggiare a sua volta con i giovani emergenti. In questa generazione di baby-fenomeni, al momento, non si vede ancora un italiano per le corse a tappe.

Più in generale, si nota anche una mancanza di risultati di alto livello, non tanto a livello quantitativo dunque, quanto piuttosto qualitativo visto che nelle ultime stagioni l’Italia continua comunque a primeggiare nei vari ranking internazionali, tanto a livello maschile che femminile, sia tra le varie categorie (con successi iridati ed europei anche tra gli U23 e gli Jrs), così come nelle diverse specialità, anche oltre la strada. È Davide Cassani a proporre una disamina della situazione, ragionando proprio su un aspetto fondamentale, le corse a tappe… Riassumendo il concetto, come puoi pensare di trovare il campione che vince le corse a tappe se i ragazzi non le corrono? Vediamo la disamina del Commissario Tecnico della nazionale su strada maschile e coordinatore delle nazionali.

Il ciclismo italiano è in crisi?
Per rispondere a questa domanda credo che sia importante guardare un po’ di numeri, non dicono tutto ma qualcosa si.
Sono andato a vedere i vari ranking mondiali e la prima cosa che è giusto sottolineare è il dominio della Slovenia. Roglic e Pogacar sono in testa alla classifica corridori, mentre la Slovenia in quella per nazioni.
Io penso che, per valutare lo stato di salute di uno sport, bisogna guardare il movimento nel suo complesso.

Tornando al Ranking mondiale per nazioni è interessante vedere che l’Italia in questo momento è al quarto posto dietro la Slovenia, la Francia ed il Belgio. In campo individuale se prendiamo i primi 100, contiamo 14 Belgi, 13 francesi così come 13 Italiani, 8 spagnoli, 6 australiani e olandesi ecc ecc.
Su pista, nelle specialità Endurance, l’Italia è al primo posto mentre in MTB abbiamo davanti solo la Svizzera e la Francia (siamo terzi)
In campo femminile, specialità strada, siamo secondi per nazioni mentre nella classifica individuale abbiamo, tra le prime 100, lo stesso numero delle olandesi, 13 atlete. La terza nazione per numero è la Francia con 6.

Se poi andiamo a vedere la categoria Under 23 e controlliamo il ranking 2019 (questo 2020 non si può prendere in considerazione) salta fuori che siamo secondi in classifica per nazioni e abbiamo vinto il campionato Europeo (Dainese) e quello mondiale (Battistella)
Tra gli juniores, sempre prendendo come riferimento il 2019, abbiamo il campione europeo ed il campione del mondo a cronometro (Piccolo e Tiberi) e siamo secondi nella classifica per nazioni.

Uno può dire, si però c’è Il nulla dopo Nibali per le grandi corse a tappe.
Io credo che, il non avere un dopo Nibali, non è un problema nato oggi, ma le conseguenze di un qualcosa che è mancato anni fa. Mi spiego: dal 2012 al 2016 in Italia, la categoria under 23 aveva in calendario una sola corsa a tappe, il Val d’Aosta. Il Giro d’Italia giovani ed altre gare a tappe erano sparite. Cosa vuol dire? Che le nostre squadre dilettantistiche, ottimamente organizzate ma in grado solo di gareggiare in Italia, avevano a disposizione un calendario non all‘altezza e questo ha abbassato il livello della categoria. Mentre nel resto del mondo i ragazzi correvano a destra e a manca facendo esperienze fondamentali alla loro crescita, noi ci siamo chiusi a correre in Italia. Ma se negli anni 90 avevamo 7/8 corse a tappe che tenevano alto il nostro livello, in seguito sono sparite ed il nostro movimento ne ha subito le conseguenze. Credo che, anche per questo motivo, non abbiamo, per il momento, il dopo Nibali perché non siamo riusciti a preparare nel modo giusto i nostri giovani nel passaggio al professionismo. E abbiamo perso una generazione di scalatori.

Tutti i giovani che oggi lottano nella grandi corse a tappe arrivano da stagioni costellate da corse a tappe. Sono quelle che formano il corridore. Tao Geaghegan Hart ha fatto 3 anni nella categoria Under 23 partecipando a 6/7 corse a tappe a stagione. Hindlay uguale. Non hanno avuto fretta e si sono preparati al professionismo nel modo corretto. Così come Ganna, pure lui è rimasto 3 anni in quella categoria. Hanno corso gare importanti, hanno vinto e sono passati al momento giusto. A scuola si fanno le elementari poi le medie e prima dell’Università le superiori. Se sei un super fenomeno qualcosa puoi saltare, voglio dire che non possiamo seguire le orme di Evenepoel perché lui è fuori categoria.

Negli anni scorsi sono approdati al professionismo giovani corridori italiani che arrivavano da stagioni con pochissime gare a tappe nelle gambe quindi non pronti al passaggio, e tanti hanno pagato dazio per questo.

Io credo che il lavoro di questi ultimi anni lo vedremo, non adesso, ma tra qualche stagione. Siamo riusciti a riportare in vita il giro giovani, diverse squadre dilettantistiche sono diventate continental avendo così la possibilità di gareggiare anche all’estero e contro avversari più qualificati e la nazionale permette a tanti corridori di ottime squadre dilettantistiche di prendere parte a diverse corse a tappe.

Nel 2017 il Giro giovani lo vinse Sivakov e Hindley arrivò terzo. Il primo italiano si piazzò settimo, Nicola Conci. (decimo Raggio). Nicola era al secondo anno di categoria e decise di passare professionista l’anno dopo avendo fatto, in 2 anni, solo quella corsa a tappe. Nessun’altra. Non sarebbe stato meglio restare un altro anno tra gli Under 23, fare un calendario adeguato e passare con una preparazione decisamente migliore?

Ci vuole pazienza nello sport. Tanta pazienza. Io penso che il lavoro fatto in questi anni darà risultati e ritorneremo ad avere anche corridori da corse a tappe Intanto abbiamo il cronoman più forte al mondo, un quartetto, anzi due (anche quello femminile) tra i più veloci e diversi ragazzini e ragazzine che stanno crescendo molto bene. Almeno credo perché questo è semplicemente un mio pensiero.

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